Economia e Potere

Wynne Godley: puro genio!, [incredibile l'esattezza delle sue previsioni]

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view post Posted on 16/3/2013, 19:56     +1   -1
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Per percepire la pura genialità dell'economista inglese Wynne Godley, purtroppo scomparso nel 2010, vi propongo la lettura di un suo saggio del 1992 (!), tradotto da me: leggetelo, e rimarrete semplicemente SBALORDITI dall'esattezza della sue previsioni!

Maastricht e tutto ciò che ne consegue

godley

"Moltissime persone in tutta Europa si sono improvvisamente rese conto che non sappiamo quasi nulla del Trattato di Maastricht, mentre hanno giustamente la sensazione che potrebbe fare una grande differenza per la loro vita. La loro legittima ansia ha indotto Jacques Delors a fare una dichiarazione secondo la quale il punto di vista della gente comune dovrebbe in futuro essere consultato in modo più consistente. Avrebbe potuto pensarci prima.
Anche se io sostengo il passaggio verso l'integrazione politica in Europa, credo che le proposte di Maastricht, così come sono, presentino gravi carenze, e anche che la discussione pubblica su di esse sia stata curiosamente scarsa. Con un rifiuto della Danimarca, un quasi-rifiuto della Francia, e con la stessa esistenza del meccanismo di cambio messa in forse dopo i saccheggi da parte dei mercati valutari, è un buon momento per fare un bilancio.

L'idea centrale del trattato di Maastricht è che i paesi della CE dovrebbero muoversi verso l'unione economica e monetaria, con una moneta unica gestita da una Banca Centrale indipendente.
Ma come dev'essere gestito il resto della politica economica? Poiché il trattato di non propone nuove istituzioni diverse da una banca europea, i suoi sponsor devono supporre che non occorra fare di più. Ma questo potrebbe essere corretto solo se le economie moderne fossero sistemi autoregolanti che non necessitano di alcuna gestione.

Sono spinto a concludere che tale punto di vista - che le economie siano organismi autoregolanti [il punto di vista tipico del Neoliberismo, N.d.R.] che mai in nessun caso hanno bisogno di gestione - abbia effettivamente determinato il modo in cui è stato inquadrato il trattato di Maastricht.
Si tratta di una versione cruda ed estrema dell'ottica che da qualche tempo costituisce la saggezza convenzionale in Europa (ma non negli Stati Uniti o in Giappone), cioè che i governi non siano in grado, e quindi non debbano cercare, di raggiungere nessuno dei tradizionali obiettivi di politica economica, come la crescita e la piena occupazione.
Tutto ciò che può legittimamente essere fatto, secondo questo punto di vista, è di controllare l'emissione di moneta e ottenere il pareggio di bilancio.
C'è voluto un gruppo in gran parte composto di banchieri (il Comitato Delors) per giungere alla conclusione che una Banca Centrale indipendente fosse l'unica istituzione sovranazionale necessaria per gestire un'Europa integrata e sovranazionale.

Ma c'è molto di più. Bisogna sottolineare prima di tutto che la creazione di una moneta unica nella CE significherebbe certamente porre fine alla sovranità delle nazioni componenti e al loro potere di agire in modo indipendente sulle questioni principali.
Come Tim Congdon ha sostenuto in modo molto convincente, il potere di emettere la propria moneta, di fare progetti sulla propria banca centrale, è l'elemento principale che definisce l'indipendenza nazionale.
Se un Paese rinuncia a questo potere o lo perde, acquisisce lo status di un ente locale o di una colonia.
Gli enti locali e le regioni, ovviamente, non possono svalutare. Ma perdono anche il potere di finanziare il deficit attraverso la creazione di denaro, mentre gli altri metodi per ottenere finanziamenti sono soggetti a regolamentazione centrale. Né possono cambiare i tassi di interesse.
Dato che gli enti locali non sono in possesso di nessuno degli strumenti di politica macroeconomica, la loro scelta politica è limitata a questioni di importanza relativamente minore - un po' più di istruzione qui, un po' meno infrastrutture là.
Penso che quando Jacques Delors pone nuova enfasi sul principio di 'sussidiarietà', in realtà ci dica soltanto che ci sarà consentito di prendere decisioni in merito a un numero di questioni relativamente poco importanti superiore a quanto avessimo supposto in precedenza.
Forse ci permetterà di avere i cetrioli ricci, dopo tutto. Grande affare!

Permettetemi di esprimere una visione diversa. Credo che il governo centrale di ogni Stato sovrano dovrebbe sforzarsi costantemente di determinare il livello ottimale complessivo dei servizi pubblici, il corretto ammontare dell'onere fiscale complessivo, la corretta allocazione delle spese totali tra le esigenze dei vari settori ed un'equa distribuzione del peso delle tasse.
Esso deve anche determinare in che misura qualsiasi divario tra spesa e tassazione viene finanziato mediante un progetto di banca centrale e quanto invece viene finanziato mediante un prestito, e a quali condizioni.
Il modo in cui i governi decidono tutte queste (e alcune altre) questioni, e la qualità della leadership che sono in grado di esprimere, determinerà, in interazione con le decisioni degli individui, delle imprese e degli stranieri, ad esempio i tassi di interesse, il tasso di cambio, il tasso di inflazione, il tasso di crescita e il tasso di disoccupazione. Influenzerà anche profondamente la distribuzione del reddito e della ricchezza, non solo tra individui, ma anche tra regioni intere, assistendo, si spera, quelle negativamente colpite dai cambiamenti strutturali.
Quasi nulla di semplice si può dire circa l'uso di questi strumenti, con tutte le loro interdipendenze, per promuovere il benessere di una nazione e proteggerla al meglio dagli shock di vario genere a cui sarà inevitabilmente sottoposta.
Significa poco, per esempio, dire che i bilanci devono sempre essere in pareggio, dal momento che un pareggio di bilancio con spese e tassazione entrambe al 40 per cento del PIL avrebbe un impatto completamente diverso (e molto più espansivo) di un bilancio in pareggio al 10 per cento.
Per immaginare la complessità e l'importanza delle decisioni macroeconomiche di un governo, è sufficiente chiedersi quale sarebbe la risposta adeguata, in termini di politica fiscale, monetaria e dei tassi, per un paese in procinto di produrre grandi quantità di petrolio, di fronte ad una quadruplicazione del prezzo del petrolio. Sarebbe giusto non fare nulla?
E non bisogna mai dimenticare che in periodi di crisi molto grave può perfino essere opportuno per un governo centrale peccare contro lo Spirito Santo di tutte le banche centrali e invocare l'inflazione - e appropriarsi deliberatamente di risorse riducendo, attraverso l'inflazione, il valore reale della ricchezza "di carta" di una nazione. E' stato, dopo tutto, grazie all'inflazione che Keynes ha proposto di farci pagare la guerra.

Dico tutto questo per suggerire non che non si dovrebbe rinunciare alla sovranità per la nobile causa dell'integrazione europea, ma che, se i singoli governi rinunciano a tutte queste funzioni, semplicemente queste funzioni devono essere assunte da qualche altra autorità.
L'incredibile lacuna nel programma di Maastricht è che, mentre contiene un progetto per l'istituzione e il modus operandi di una Banca Centrale indipendente, non esiste un qualsivoglia progetto di qualcosa di analogo, in termini comunitari, ad un governo centrale.
Eppure dovrebbe semplicemente esserci un sistema di istituzioni che soddisfi ad un livello comunitario tutte quelle funzioni che sono attualmente esercitate dai governi centrali dei singoli paesi membri.
La contropartita della rinuncia alla sovranità dovrebbe essere che le nazioni componenti si costituiscano in una federazione a cui è affidata la loro sovranità. E il sistema federale, o governo, come dovrebbe essere più propriamente chiamato, dovrebbe esercitare tutte quelle funzioni, in relazione ai suoi membri ed al mondo esterno, che ho brevemente descritto sopra.

Consideriamo due esempi importanti di ciò che dovrebbe fare un governo federale, responsabile di un bilancio federale.
I Paesi europei sono attualmente bloccati in una grave recessione. Allo stato attuale, in particolare perché anche le economie di Stati Uniti e Giappone sono vacillanti, è molto poco chiaro quando avrà luogo un significativo recupero.
Le implicazioni politiche di questo stanno diventando spaventose.
Tuttavia, l'interdipendenza delle economie europee è già così grande che nessun singolo Paese, con la teorica eccezione della Germania, si sente in grado di perseguire politiche espansive per proprio conto, perché ogni Paese che cercasse di espandersi da sé incontrerebbe ben presto dei vincoli di bilancio.
La situazione attuale sta chiedendo ad alta voce un rilancio coordinato, ma non esistono né le istituzioni, né un quadro concordato di intenti che possano portare a questo risultato, ovviamente desiderabile.
Si deve onestamente riconoscere che se la depressione dovesse davvero prendere una piega seria verso il peggio - ad esempio, se il tasso di disoccupazione tornasse definitivamente al 20-25 per cento caratteristico degli anni Trenta - i singoli Paesi prima o poi eserciterebbero il loro diritto sovrano di dichiarare l'intero movimento verso l'integrazione un disastro e di ricorrere a controlli sui cambi e a misure protezionistiche - l'economia dell'assedio, se vogliamo.
Ciò equivarrebbe a una riproposizione del periodo tra le due guerre.
Se esistesse una unione economica e monetaria in cui il potere di agire in modo indipendente fosse stato effettivamente abolito, la reflazione 'coordinata' del tipo di cui ci sarebbe così urgente bisogno potrebbe essere effettuata solo da un governo federale europeo.
Senza una tale istituzione, l'UEM impedirebbe un'azione efficace da parte dei singoli Paesi senza sostituirvi nulla.

Un altro ruolo importante che qualsiasi governo centrale deve svolgere è quello di prevedere una rete di sicurezza per il sostegno delle regioni membre che si trovino in difficoltà per motivi strutturali - a causa del declino di alcune industrie, per esempio, o a causa di qualche cambiamento economico-demografico negativo.
Attualmente questo avviene nel corso naturale degli eventi, senza che nessuno se ne accorga, perché gli standard comuni di servizi pubblici (per esempio, la sanità, l'istruzione, le pensioni e i sussidi di disoccupazione) e un normale (si spera progressivo) onere di tassazione sono entrambi generalmente istituiti nei vari Stati.
Di conseguenza, se una regione subisce un insolito grado di declino strutturale, il sistema fiscale genera automaticamente i trasferimenti netti a favore di esso. In extremis, una regione non in grado di produrre nulla non morirebbe di fame perché sarebbe titolare di pensioni, indennità di disoccupazione e del reddito dei dipendenti pubblici.
Ma cosa succede se un intero Paese - una potenziale 'regione' in una comunità completamente integrata - subisce una battuta d'arresto strutturale?
Finché è uno Stato sovrano, può svalutare la propria moneta
. Può quindi commerciare con successo con piena occupazione, a patto che la sua gente accetti l'inevitabile taglio dei suoi redditi reali.
Con una unione economica e monetaria, questa scappatoia è ovviamente sbarrata, e la prospettiva è davvero grave
, a meno che non vengano previste disposizioni di bilancio federali che svolgano una funzione redistributiva.
Come è stato chiaramente riconosciuto nel rapporto MacDougall che è stato pubblicato nel 1977, ci deve essere un quid pro quo per abbandonare la possibilità della svalutazione a fronte della redistribuzione fiscale.

Alcuni scrittori (come Samuel Brittan e Sir Douglas Hague) hanno seriamente suggerito che l'UEM, abolendo il problema della bilancia dei pagamenti nella sua forma attuale, abolirebbe il problema, se esiste, della persistente incapacità di competere con successo sui mercati mondiali.
Ma, come il professor Martin Feldstein ha sottolineato in un importante articolo dell'Economist (13 giugno), questa argomentazione è un pericolosissimo errore.
Se un paese o una regione non ha alcun potere di svalutare, e se non è il beneficiario di un sistema di perequazione fiscale, allora non esiste nulla che possa bloccare da subito il suo processo di declino cumulativo e terminale, che conduce, alla fine, all'emigrazione come unica alternativa alla povertà o alla fame.

Sono d'accordo con la posizione di coloro che (come Margaret Thatcher), di fronte alla perdita di sovranità, desiderano scendere da tutto il treno dell'EMU. Sono d'accordo anche con coloro che cercano l'integrazione sotto la giurisdizione di una sorta di Costituzione federale con un bilancio federale molto più ampio di quello comunitario.
Quello che trovo assolutamente sconcertante è la posizione di coloro che tendono all'unione economica e monetaria senza la creazione di nuove istituzioni politiche (a parte una nuova Banca Centrale), e che alzano le mani con orrore di fronte alle parole 'federale' o 'federalismo'.
Questa è la posizione attualmente adottata dal governo e dalla maggior parte di coloro che prendono parte al dibattito pubblico."


www.lrb.co.uk/v14/n19/wynne-godley/maastricht-and-all-that

Maastricht and All That
Wynne Godley
8 ottobre 1992

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Ora ditemi se quest'uomo, dotato di luminosissima intelligenza, non era un vero profeta.

Edited by Arianna… - 31/5/2013, 01:17
 
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view post Posted on 11/4/2013, 07:02     +1   -1
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Ecco altre traduzioni disponibili in rete:
http://arjelle.altervista.org/Economiaascuola/Godley.pdf

http://gondrano.blogspot.it/2012/08/il-tra...t-e-le-sue.html

Edited by Arianna… - 31/5/2013, 01:12
 
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