Economia e Potere

1a. La leggenda del pareggio di bilancio - I, [c'era una volta un'isola felice...]

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view post Posted on 23/12/2012, 14:43     +1   -1
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C'ERA UNA VOLTA UN'ISOLA FELICE...

Remota iustitia, quid sunt regna, nisi magna latrocinia?
Eliminata la giustizia, che cosa sono gli Stati,
se non delle grandi bande di ladri?
(Agostino, De civitate Dei, IV. 4)


C’era una volta un’isola felice, in cui vivevano 1000 persone, che avevano tutte un lavoro. Pesca, caccia, cucinare, riparare, fare capanne e barche, decidere le regole, coltivare cose, fare vestiti ecc. Disoccupati zero, tutti avevano da fare.

Il Presidente dell'isola felice, Biagio Posapiano, era un pacifico allevatore di lumache benvoluto da tutti.
A lungo l'isola non aveva avuto una sua moneta ufficiale, perché non se ne sentiva il bisogno; si usavano diverse monete locali coniate dagli abitanti; le principali erano il Fusillo, il Cetriolo, il Calamaro, la Pizza senza acciughe, il Secchiello, la Paletta, il Gatto Pesante, la Mucca Solida e quella Liquida.
Tutto andava bene quando le esigenze degli uni si incontravano con quelle degli altri: capitava spesso, per esempio, che chi pagava in Secchielli avesse bisogno di Palette; ma a volte le cose si complicavano:
"Ti ringrazio, Tino, ma trecento Mucche Solide non saprei proprio dove metterle: la mia barca è piccola."
"Forse nella stiva?"
"Non se ne parla nemmeno. E in ogni caso, mi spieghi cosa mangerebbero in alto mare?"
Biagio abbozzò finché fu possibile, ma venne il giorno in cui dovette prendere una decisione. Si presentò infatti in casa sua il cittadino Gianberto con una lamentela.
"Senti un po' qua, Biagio: Paolino Coniglio ha coniato una nuova moneta..."
"Un'altra!"
"Già, un'altra: la Patata al Burro."
"Uhm..."
"Ammetterai che non posso essere pagato in Patate al Burro: non dico che non siano buone, ma come la mettiamo con il colesterolo?"
Biagio fu costretto a dare ragione a Gianberto e si rese conto che bisognava porre un freno a quell'anarchia monetaria. Decise quindi che i cittadini, se lo desideravano, potevano continuare ad usare le loro monete, ma che l'isola avrebbe avuto anche una moneta ufficiale, buona per tutti gli usi. Fu indetto a tale scopo un referendum e venne scelto il Maccherone, che fu quindi dichiarato moneta sovrana dell'isola.
Così tutto continuò ad andare per il meglio, finché...

http://arjelle.altervista.org/Economiaascuola/pareggio.htm

(continua)
 
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UNA NAVE CON I CANNONI

Un triste giorno arriva una nave con i cannoni, coi soldati, con un Capitano: un gran brutto ceffo con due lunghi baffi appuntiti. Appena sbarcano, gli isolani accorrono in massa per salutare i nuovi arrivati; ma il Capitano, senza ricambiare i saluti, chiede:
"Dov'è il vostro capo?"
"Vuoi dire il Presidente Biagio?"
"Chiunque sia. Portatemelo qui!"
Gli isolani, sbigottiti, corrono a chiamare Biagio e lo trovano intento a preparare il pastone per le lumache. Il brav'uomo capisce subito che c'è qualcosa che non va: si veste in fretta e scende alla spiaggia.
"Buongiorno, Capitano. Desidera parlarmi?"
"Bando ai preamboli: vi paghiamo 10 dei nostri soldi al giorno se lavorate per noi."
Gli isolani si guardano l'un l'altro stupiti; Biagio, con calma, risponde:
"No, grazie. Non c’interessa, abbiamo già i nostri lavori e le nostre monete."
Il capitano lo guarda con un sogghigno:
"Ah no? Vediamo se riesco a farmi capire: se ciascuno di voi isolani non ci paga 2 dei nostri soldi al giorno di tasse, noi vi bombardiamo le capanne e ve le bruciamo tutte".
"Farabutto!" urla Giacomo Pecora alle spalle di Biagio. Immediatamente gli sgherri del Capitano sguainano le spade.

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Biagio vuole molto bene ai suoi concittadini e sa che non possono combattere contro i pirati: non hanno armi e non sanno cosa sia la guerra.
"Calma, Giacomo, calma. Ed anche voi, ragazzi, state calmi. Fate come dice il Capitano."
Con la morte nel cuore, il pover'uomo si arrende alle condizioni del Capitano, si dimette da Presidente e si dedica a tempo pieno all'allevamento di lumache.
Il Capitano assume ufficialmente il comando dell'isola e subito impone il suo denaro, il doblone, come moneta sovrana. Per gli abitanti iniziano giorni duri: di colpo sono costretti a trovare i 2 dobloni del Capitano al giorno, cioè a lavorare per lui anche se non ne hanno bisogno, se no sono nei guai. Devono lavorare per lui perché quei soldi li ha solo il capitano. Cioè di colpo gli isolani sono tutti disoccupati, perché coi loro lavori di prima non guadagnano i soldi del Capitano, che ora sono vitali.
Il Capitano, con la forza, ha imposto agli isolani la sua moneta, e c’è riuscito imponendo una tassa in quella moneta, che, se non pagata, mette gli isolani in grossi guai. Le tasse e il potere costringono gli isolani ora a lavorare per il Capitano. Da notare che il Capitano non ha nessun bisogno di dobloni: è lui stesso che li produce! Quindi, se esige quella tassa, è solo per imporre il proprio potere sugli isolani. Ma, siccome è astuto, fa credere agli abitanti dell'isola che ha "bisogno" di quei soldi per poter pagare, ad esempio, i loro ospedali e le loro scuole. Del resto, per fortuna degli isolani, il Capitano non è né stupido né malvagio, ma solo autoritario e prepotente: perciò fornisce effettivamente loro quei servizi, in modo che la popolazione sia abbastanza soddisfatta ed accetti di buon grado il suo potere. E così accade.
Certo il rimpianto per i vecchi tempi è forte, ma gli isolani si rassegnano al nuovo stato di cose e si consolano come possono: tutti i venerdì sera si riuniscono a giocare a briscola con l'ex-presidente Biagio. Nessuno parla più del passato, nessuno si ricorda più del vecchio Maccherone sovrano.

http://arjelle.altervista.org/Economiaascuola/pareggio0.htm

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LO STATO E' IL CAPITANO

La storia del Capitano e degli isolani ci consente di comprendere un paio di concetti-chiave fondamentali.

Concetto-chiave n. 1: lo Stato è il Capitano.
Lo Stato è il capitano. Solo lo Stato ha la moneta, cioè solo lui la può emettere. Lo Stato tassa tutti i cittadini, e li costringe a pagare le tasse per legge solo con la sua moneta.
E' falso che, in uno Stato sovrano, le tasse servano per finanziare la spesa pubblica: lo Stato sovrano infatti (es. il Giappone o gli Stati Uniti) può emettere liberamente moneta per far fronte a qualunque spesa, e se impone le tasse è evidentemente per altri motivi (ad es. controllare l'inflazione).
Quindi lo Stato costringe i cittadini a lavorare per la sua moneta, cioè per lui, per imporre il proprio potere.

captain-hook

Se i cittadini non lavorano per la moneta dello Stato, essi sono di fatto disoccupati, perché qualsiasi altro lavoro facciano - che sia pagato in patate, stoffa, vino, legna, o con la moneta fatta dal signor Tino - non permette loro di pagare le tasse imposte dallo Stato nella sua esclusiva moneta, e così vanno nei guai: se non pagano le tasse, Equitalia mette sotto sequestro i loro beni, a cominciare dalla loro casa, ed essi si ritrovano sul lastrico e senza un tetto sopra la testa.
Quindi devono per forza abbandonare il lavoro pagato in patate o con la moneta del signor Tino e cercare un lavoro pagato con la moneta dello Stato.
In tutto ciò lo Stato è tiranno, perché a causa delle tasse che lui impone, nessun cittadino di fatto può lavorare pagato in qualcos’altro che non sia la SUA moneta, e siccome alla fine tutti i cittadini devono pagare le tasse, tutti accettano in pagamento per qualsiasi cosa solo la moneta dello Stato.
Però, come abbiamo visto, c'è tiranno e tiranno: se lo Stato garantisce i servizi pubblici essenziali e non impone troppe tasse, la sua autorità è giustificata dal fatto che provvede al bene pubblico. Sennonché il nostro Capitano non è un uomo saggio...

http://arjelle.altervista.org/Economiaascuola/pareggio1.htm

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IL CAPITANO ESAGERA

"Capitano!"
"Dimmi, Scarpa."
"La gente si lamenta."
"Poco male: la gente si lamenta sempre."
"Ma questa volta di più. Ho paura che possano ammutinarsi."
Il Capitano scoppia a ridere:
"Ammutinarsi quei caproni? Figuriamoci! Comunque sentiamo, che problema c'è? Mi dà un po' fastidio che il mio buon governo non venga adeguatamente apprezzato."
"Ecco Capitano, si lamentano delle tasse. Dicono che sono troppe."
"Oh, quante storie! Tutto per quattro tasse in croce."
"Be', Capitano, proprio quattro non direi."
"Sentiamo, cos'è che mi contestano?"

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"Dunque, la popolazione ha retto bene fino alla tassa sui cannoli alla crema, ha cominciato a mugugnare quando abbiamo messo quella sulle meringhe, ha reagito malissimo a quella sui brufoli, e di lì in poi è stato tutto un crescendo. Hanno sopportato ancora la tassa sui quindi e sui però, ma quella sui sebbene e sui d'altronde non intendono proprio pagarla."
"Ah no? E io li bombardo!"
"Suggerirei prudenza, Capitano, ed anche un po' di buon senso: se li bombarda, poi, chi paga le tasse?"
"Per la miseria, allora mi tocca tenermi buoni quei miserabili straccioni?"
"Eh sì, Capitano: un po' sì."
"E va bene: di' loro che la tassa sui sebbene è abolita. Per i d'altronde ci penserò."
"Ok Capitano, sarà fatto. Però non credo che questo risolverà il problema di fondo."
"E quale sarebbe il problema di fondo?"
"Quella storia del pareggio di bilancio."
"Embè?"
"La gente dice che il governo (cioè lei) non può dare 10 dobloni e toglierne 10 con le tasse."
"E perché non posso? Io li stampo, io glieli dò e io me li riprendo. I soldi sono miei e ne faccio quel che mi pare."
"Sì, ma dicono che non ha senso: a loro non rimane niente in tasca. In pratica lavorano gratis."
Il Capitano va su tutte le furie:
"Basta! Di' a quei pezzenti che sto facendo anche troppo per loro, e che se non la piantano non solo non gli tolgo la tassa sui sebbene, ma gli aggiungo anche quella sui se, sui ma e sui perdinci!"
"Agli ordini, Capitano."

http://arjelle.altervista.org/Economiaascu...areggio1bis.htm
 
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SPESA PUBBLICA = TASSE? NO, GRAZIE!

Concetto-chiave n. 2: lo Stato, come monopolista della moneta, non ha solo il DIRITTO di tassarci, ma ha anche il DOVERE di darci i soldi che ci servono a star bene.
Il punto chiave è dunque questo: lo Stato è il padrone della moneta, come il capitano, solo lui la emette. Noi cittadini la guadagniamo e la usiamo. Quindi lo Stato è il monopolista della moneta: significa che solo lui la produce, e nessun altro.
Allora, lo Stato produce la moneta e ce la dà: lo fa con la spesa pubblica.
Poi lo Stato si riprende quella moneta: lo fa con le tasse.
Quindi è elementare che se lo Stato decide di tassarci 20 monete, come minimo ci deve prima aver dato 20 monete, no? Se no come fa a riprendersele?
Ma se lo Stato dà ai cittadini con la spesa pubblica 20 monete, e poi se le riprende tutte e 20 con le tasse, noi che non possiamo creare la moneta con cosa mangiamo? Con cosa compriamo casa? Con cosa ci paga il nostro titolare? Con cosa manteniamo i figli? Con cosa ci curiamo? Come facciamo a risparmiare?
Questo è il pareggio di bilancio:

spesa pubblica = 20 monete
tasse = 20 monete


Quindi, se lo Stato (il governo) applica il pareggio di bilancio, a noi non rimane neppure un centesimo per vivere.

Il cittadino a quel punto potrebbe dire "Caro Stato, tu fai il pareggio di bilancio e mi lasci zero soldi; e allora per vivere io vado a lavorare anche per la moneta del signor Tino, che me ne dà di più".
Eh no! Lo Stato te lo impedisce: primo, perché nessun signor Tino può stampare moneta; secondo, perché già tutti noi lavoriamo tutto il giorno per guadagnare la moneta dello Stato e non ce ne rimane il tempo.
Ricapitolando: noi cittadini accettiamo la regola dello Stato per cui:
1) tutti lavoriamo per la sua moneta, che solo lui puoi emettere (Stato = monopolista della moneta);
2) tutti gli paghiamo le tasse con la sua moneta.
Ma visto che noi non la possiamo creare né andarcene a cercare un’altra, e visto che noi dobbiamo però anche mangiare, abitare, curarci, risparmiare e mantenere i figli, lo Stato non ci può dare solo la moneta sufficiente per pagare le tasse!
Cioè non può e non deve fare il pareggio di bilancio (spende 20 e ci tassa 20). Lo Stato, che è il monopolista della moneta, deve anche darcene a sufficienza per vivere e stare bene. E può farlo solo in due modi:
A) dandoci più soldi di quelli che ci prende in tasse. Cioè, lo Stato deve per forza prevedere il deficit di bilancio (spende 30 e ci tassa 20: così ci rimangono 10 monete per vivere e per risparmiare);
B) facendo sì che tutti noi possiamo trovare un lavoro per pagargli le tasse (cioè creando la piena occupazione), visto che ci costringe a pagarle: se no è tiranno due volte, perché costringe tutti a pagare le tasse, ma non fa trovare a tutti i posti di lavoro per pagarle nella sua moneta.

http://arjelle.altervista.org/Economiaascuola/pareggio2.htm
 
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IL CAPITANO SUGGERISCE L'EXPORT, MA...

Il Capitano si è intestardito con il pareggio di bilancio ed è irremovibile: tanto dà e tanto toglie. Della miseria degli isolani non gl'importa niente. I disgraziati sopportano finché possono, ma quando, un venerdì sera, si recano a casa di Biagio Posapiano per la solita briscola e lo trovano in lacrime per la morte di otto lumache (il pover'uomo, infatti, costretto come tutti a pagare troppe tasse, non riesce più a nutrire le bestiole a sufficienza), l'indignazione popolare esplode.
Il mattino dopo gli isolani si radunano minacciosi di fronte al palazzo del Capitano: impugnano scope, forconi, mattarelli, coperchi, e con quelle armi improprie sfidano i moschetti delle guardie. Il Capitano sente quella gazzarra sotto la sua finestra e si affaccia in vestaglia:
"Be'? Che vi prende? E' questa l'ora di fare una rivoluzione?"
"Tu non sei un governante, sei uno strozzino!"
"Ohibò, e perché mai?"
"Hai fatto morire di fame otto lumache di Biagio e stai affamando tutti noi! Noi non riconosciamo la tua autorità, non ti abbiamo eletto, non ti vogliamo! Perché dovremmo obbedirti?"
"Uhm, fatemi pensare... Forse perché io ho i cannoni e voi no?"

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"Non c'importa dei tuoi cannoni: bombardaci, fa' quel che ti pare! Non ne possiamo più di vivere così."
Il Capitano sospira e tace per qualche secondo.
"Aspettatemi: mi vesto e scendo a parlarvi."
Poco dopo raggiunge gli isolani e li fa entrare nella sala del Consiglio.
"Dunque ragazzi, sedetevi. Fatemi capire esattamente qual è il problema: non vi pago forse? Non vi dò forse le scuole e gli ospedali gratis?"
"Sì, certo: però ci ammazzi di tasse. Ci costringi a lavorare per te, e tutto quello che ci dai te lo riprendi in tasse. Tutto! A noi non rimane niente in tasca."
"Sapete che vi dico? Siete veramente dei buoni a nulla! Gente sfaticata e senza spirito d'iniziativa. Invece di stare sempre a lamentarvi che vi dò pochi soldi, perché non andate a procurarveli da soli dalle isole vicine?"
"E come? Rapinandole?"
"Certo che no: commerciando con loro. Se riuscite ad esportare i vostri prodotti, loro in cambio vi daranno la loro moneta. Io sono in rapporti commerciali con le isole vicine, per cui accetterò la moneta straniera e vi darò in cambio dei dobloni. E questa volta saranno tutti per voi!"
Gli isolani rimangono interdetti: non ci avevano pensato. Dopo tutto non ci sono solo loro (i privati) e il Capitano (il governo), ma c'è anche una terza entità che può essere fonte di denaro: il commercio con l'estero. La vita economica è fatta di tre "scatole", non due soltanto: se avessero studiato la teoria dei "bilanci settoriali" di Wynne Godley lo saprebbero.
"E va bene, Capitano: ci proveremo."
"Bravi ragazzi. E la prossima volta che decidete di fare una rivoluzione, scegliete un'ora più civile e chiedete prima il permesso."
Gli isolani se ne vanno rincuorati: dopo tutto sembra molto facile. Sennonché hanno fatto i conti senza l'oste, ovvero la loro attuale (e sempre crescente) scarsità di moneta, a causa delle tasse imposte dal Capitano: infatti, per potersi comprare i macchinari necessari a produrre qualcosa di vendibile, per poter pagare i loro operai e tutto il necessario, oltre al proprio mantenimento, dovrebbero avere molti più soldi! Senza contare che i loro vicini dell'Isola dei Cinesi, più ricchi e fortunati, riescono a produrre delle merci migliori ad un prezzo più concorrenziale.
E così gli sventurati isolani che provano a dedicarsi al commercio con l'estero falliscono miseramente.

http://arjelle.altervista.org/Economiaascuola/pareggio3.htm
 
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CAPITANO O TIRANNO? LE "PRIVATIZZAZIONI"

La via dell'export si rivela impercorribile in una situazione di crisi; e così si ritorna al punto di partenza, in cui le forze in gioco sono due e solo due: il privato e il pubblico. Ma solo il pubblico (lo Stato, il governo) si arroga il diritto di produrre moneta, e quindi ne consegue che il debito pubblico non è altro che la misura della ricchezza privata.
Ma in questo caso lo Stato (il Capitano) elargisce la ricchezza ai privati solo per sottrargliela nuovamente con le tasse: con la mano destra dà, con la sinistra toglie. E' precisamente quello che fa il governo imponendoci il pareggio di bilancio.
Ma c'è di peggio: lo Stato ci costringe, col pareggio di bilancio, ad andare a cercare i soldi per vivere, per lavorare e per mantenere i nostri figli, in due posti:
A) nelle banche, chiedendo prestiti e quindi facendo debiti (ed ecco perché nell’Italia dei pareggi di bilancio l’indebitamento privato sta crescendo vertiginosamente);
B) andando a pescare nei nostri risparmi o facendoci svendere le case o l’oro di famiglia (ed ecco perché il risparmio italiano è crollato ora come mai prima).
Naturalmente, una popolazione sistematicamente impoverita e indebitata ben presto non ce la farà più a sostenere con le tasse tutto ciò che ha a che fare con l'assistenza pubblica, il settore pubblico e la previdenza sociale; e questo consentirà ai capitalisti privati di poter comprare a prezzi stracciati ogni sorta di bene pubblico: le cosiddette "privatizzazioni".

Conclusione: se avete compreso quanto sopra, avete compreso tutto quello che vi serve sapere in economia per rivendicare da elettori il vostro diritto a vivere dignitosamente in uno Stato che non sia tiranno.
E’ un diritto garantito da due articoli della nostra Costituzione:
Articolo 4: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Articolo 36: Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
Promuovere le condizioni per far vivere tutti in modo dignitoso e per far lavorare tutti, significa quindi chiedere che lo Stato faccia il deficit di bilancio, e NON il pareggio di bilancio.
Non vi fate spaventare da quelli che in tv o sui giornali dicono che i deficit sono un disastro pubblico. Usate la vostra testa: l’Italia ha fatto deficit di bilancio dal 1948 fino all’arrivo dell’euro, ed era fra i 7 Paesi più ricchi del mondo, precisamente per le ragioni dette sopra. Oggi siamo sprofondati fra i ‘Maiali’ (PIIGS) d’Europa, svergognati, umiliati, e il pareggio di bilancio imposto dal governo Monti non solo non ha migliorato le cose, ma le ha ulteriormente peggiorate (com'era inevitabile).
Francia e Germania, che erano grandi potenze economiche, hanno voluto anche loro rincorrere i pareggi di bilancio, ed oggi stanno lentamente crollando, come dichiarato dai maggiori quotidiani economici. L’America e il Giappone, invece, continuano a fare deficit su deficit, e sono ancora le due più grandi potenze economiche mondiali. Pensate: gli Stati Uniti non smettono di fare deficit dal 1837. Sono mai falliti?
Molti dicono ai Giapponesi: "Arriverà il giorno in cui avrete dei problemi!". Ebbene, Charles Goodhart, un funzionario della Banca Centrale in pensione, quando ha sentito dire questo, ha risposto: "Sì, lo sappiamo: ormai ce lo dicono da 300 anni!".
Usate la vostra testa. Due meno due fa zero in tasca a noi cittadini. Quattro meno due fa due in tasca a noi cittadini.
Concludendo:
Lo Stato è il monopolista della moneta, solamente lui la può creare. Non può spendere per noi solo 20 e tassarci 20. A noi cosa rimane? Noi non possiamo crearla. Lo Stato deve anche darcene abbastanza per vivere nel benessere. Lo dice la Costituzione italiana. Se non lo fa, lo Stato è un tiranno.
Ma purtroppo c'è ancora di peggio: oggi il nostro Stato non può più emettere moneta e dipende dalla Banca Centrale Europea (BCE) che gli concede in prestito l'euro; quindi, perché lo Stato possa spendere a deficit, è necessario recuperare la SOVRANITA' MONETARIA, come abbiamo accennato all'inizio e come spiegheremo meglio in seguito. Non illudiamoci che la BCE possa mai fare le veci dello Stato in questo senso, poiché il suo statuto esclude che essa venga in soccorso degli Stati in difficoltà e soprattutto esclude la spesa a deficit.
Nelle condizioni attuali (cioè senza sovranità monetaria, all'interno del sistema euro e dell'Unione Europea per come è stata progettata e voluta), il pareggio di bilancio diventa una tragica e ineluttabile necessità, le cui conseguenze sono destinate ad essere pagate esclusivamente dai cittadini in termini di crescente miseria e indebitamento.

(Liberamente tratto da:
www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=518)

http://arjelle.altervista.org/Economiaascuola/pareggio4.htm
 
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